La traduzione brevettuale: intervista a InnovaLang

 

Condividiamo qui con i nostri lettori l’intervista a Federico Perotto, fondatore e amministratore unico di InnovaLang, nostri partner nella traduzione di brevetti.

 

Federico: due parole su di te

Sono Torinese, ma ho quasi sempre vissuto in provincia, fra le montagne piemontesi che amo. Laureato all’Università di Torino in linguistica, più tardi ho frequentato un MBA presso ESCP Europe, insegno traduzione brevettuale in master di specializzazione in traduzione tecnico-scientifica e giuridico-amministrativa, e mi diletto a lanciare e gestire mille idee e iniziative… tra cui InnovaLang è la più importante!

 

Com’è nato il progetto InnovaLang?

Dunque, nel 2001 aprii la partita IVA come traduttore freelance, di fatto collaborando con un collega a un progetto di agenzia di traduzioni inizialmente dedicata al settore Audio/Video; ma dal 2003 il mio apporto si concentrò sul settore brevettuale, in cui mi specializzai creando una business unit a parte che nel 2011 diventò autonoma sotto il marchio InnovaLang, che sta appunto per Innovation in Languages e Language of Innovation, che rivendica, fin dal nome, profonde radici nel settore brevettuale.


Quali sono le specificità della traduzione brevettuale?

I brevetti assommano in sé specificità dei gerghi di settore tecnico-scientifici e, al contempo, peculiarità tipiche del linguaggio legale-burocratico. Insiemi di “migliori opzioni” terminologiche devono fare i conti con univocità dei traducenti, coerenza di settore e preferenze di stile e la traduzione deve costituire un vero e proprio calco semantico del documento sorgente. Completezza e corrispondenza assoluta tra documento source e resa target sono qui necessari per definire una conformità della traduzione rispetto al testo matrice. Queste sono solo alcune delle particolarità del nostro core-business, laddove l’apporto dei professionisti specializzati nei vari settori e in tutte le lingue con cui lavoriamo è imprescindibile tanto nella traduzione, quanto nella revisione (e quindi in controllo qualità) che applichiamo integralmente.


Come vedi il mercato italiano ed europeo, in questo settore?

Data la mancata ratifica del Protocollo di Londra del 2008, che avrebbe previsto la superfluità della traduzione in italiano delle estensioni di brevetto europeo presso l’UIBM, il mercato italiano è florido e storicamente in costante crescita, in linea con il costante aumento registrato di anno in anno dalle domande di brevetto presso l’EPO. Per quanto riguarda il mercato europeo, di fatto il Brevetto Comunitario (Unitary Patent) per diversi motivi pare non costituire, tranne in casi isolati, una valida alternativa al Brevetto Europeo e ciò si riverbera in una sostanziale tenuta del mercato della traduzione brevettuale interlingua inglese/tedesco/francese e da/verso le lingue dei Paesi che non hanno ratificato il Protocollo di Londra, come le già citate Italia e Spagna. La competitività di altre soluzioni, come ad esempio (limitatamente ad alcuni prodotti e industrie) il Modello di Utilità, potrebbe aggiungere, in futuro, interessanti prospettive nel nostro mercato. Tutto ciò, tuttavia, dipende, nel medio-lungo termine, dalla crisi post-Covid19 che in qualche misura toccherà globalmente i budget di Ricerca e Sviluppo, quindi a cascata le politiche di privativa industriale: probabilmente ne vedremo le prime conseguenze già nel 2021.


Qual è il valore aggiunto dell’esperienza in ambito brevettuale, nel campo della traduzione?

Al di là della intensa ricerca formale di corrispondenze fra nozioni di linguistica applicata e istruzioni raccolte dagli Studi in Proprietà Industriale che nel 2008 mi ha portato alla pubblicazione del manuale “La Traduzione Brevettuale”, e la redazione/registrazione di un modello di utilità per capire come funzionava il settore dal punto di vista dell’inventore, direi che la formazione ricevuta presso lo Studio Aprà di Torino come praticante mandatario in p.i. mi ha fornito uno spettro di consapevolezza e prospettiva che né dal solo lato linguistico, né dal solo lato ingegneristico, avrei potuto ottenere.

 

Hai un qualche aneddoto della tua esperienza, da condividere?

Le esperienze che vi ho citato mi hanno portato a comprendere molto bene il settore e le esigenze dei mandatari in proprietà industriale, a tal punto che, quando mi relaziono con loro, in genere danno per scontato che io stesso sia un ingegnere!


Quali suggerimenti daresti, a giovani neolaureati che volessero seguire le tue orme o collaborare con te?

La curiosità e l’apertura intellettuale fanno certamente la differenza, ma ovviamente non possono mancare motivazione, umiltà e una forte propensione alla formazione continua, principio che continuo ad applicare su me stesso: prossimamente frequenterò il Master of Laws in Intellectual Property dell’International Training Centre di Torino.